Com’è nata la sedia Woody?
Woody nasce dall’esigenza di arricchire la collezione Molteni&C con una sedia in legno massello, ergonomica, non costosa ma di qualità, funzionale, bella, contemporanea, che avesse un valore tecnologico e che seguisse il mood del brand.
Come siete riusciti a soddisfare queste esigenze?
Abbiamo ottenuto questo risultato grazie alle tecnologie oggi disponibili, in particolare l’utilizzo delle macchine utensili a cinque assi, che consentono di ridurre le sezioni e raggiungere forme ergonomiche, cercando di utilizzare meno materiale possibile, solo dove è necessario. L’estetica della sedia, nel suo complesso, è unitaria, sembra sia fatta in un unico pezzo, ma in realtà è tutta a incastri, non ci sono viti. Le frese oggi consentono di lavorare su geometrie un tempo molto complesse. Volevamo fare qualcosa di diverso ma di valore, che riuscisse a produrre una nuova sedia, con una logica costruttiva molto semplice, permettendo anche di cambiare il sedile e lo schienale, in legno o in cuoio.
Qual è stato il processo che dal disegno ha portato al prototipo e poi al prodotto?
Per avere una sedia leggera, adatta a qualsiasi ambiente, tenendo conto dei vincoli di un materiale costoso come il massello, abbiamo cercato di non esagerare nei dimensionamenti. Quando, ad esempio, abbiamo fatto realizzare il primo prototipo, ci siamo accorti che le sezioni erano state gonfiate, perché il prototipista temeva che la sedia non stesse in piedi, poi si è visto che avremmo potuto ridurre le sezioni, come nel disegno inziale. È stato un percorso per andare a ridurre, a scolpire, togliere materiale.
Con le stampanti 3D cosa sta cambiando nel mondo del design?
Lo stampo in 3D è uno strumento che aiuta a tagliare i processi di mock-up e di raggiungimento di un prodotto finale. Per esempio, ho disegnato la sedia Woody con un programma 3D parametrico – che consente, se c’è qualcosa da cambiare nelle dimensioni, di cambiare tutto in funzione di una sola dimensione, si porta dietro una storia – questo mi ha permesso di realizzare in studio un modello in scala 1:5 per capire bene le proporzioni. È poi interessante la velocità di realizzazione: si può dare un file a un fornitore che automaticamente lo inserisce in una macchina a controllo numerico per ottenere il pezzo in scala 1:1. Queste tecnologie aiutano a raggiungere il risultato, accorciando i processi e quindi la tempistica.
“Quando Charles Eames disegna la sua sedia, non disegna soltanto una sedia, ma disegna un modo di stare seduti”, scriveva Ettore Sottsass. Come si affronta un progetto così complesso?
È stata molto utile l’esperienza fatta con mio padre nella sua collaborazione con Vitra. Un percorso che mi ha insegnato l’attenzione al discorso ergonomico. Woody è in legno, di solito una sedia in questo materiale è molto rigida e poco ergonomica, invece Woody è molto morbida, il sedile ha due curve che la rendono più comoda e funzionale.
La collaborazione tra Alberto e Francesco Meda, padre e figlio, è cominciata 10 anni fa. Come vivete il rapporto professionale?
C’è uno scambio molto interessante. Mio padre, con me a fianco, ha uno sguardo più contemporaneo e giovane. Io ho la fortuna di accedere a un know-how, a dei rapporti umani e di relazione che per un giovane designer sono molto difficili da instaurare. Il nostro è anche uno studio atipico, perché mio padre ha sempre lavorato da solo, c’è quindi familiarità un po’ da bottega, che ha reso tutto più facile quando ho cominciato a lavorare con lui nel 2008. Mio padre è una persona molto generosa, mi ha lasciato spazio e sono iniziate così le collaborazioni. C’è uno scambio molto equo.